La famiglia al centro della nostra battaglia

L'azione politica del nostro movimento, a differenza di quella di tutti gli altri partiti, non ha come finalità la conquista di posizioni di potere o l'acquisizione e lo scambio di favori. La nostra azione politica è un sacrificio che ogni militante compie per servire la Patria e il popolo. Se questo però rimanesse confinato nel campo della dialettica politica e ideologica costituirebbe soltanto un vuoto esercizio di retorica.

Servire la Patria e il popolo non vuol dire spendere le proprie energie per mandare in parlamento una pattuglia di uomini che vederebbe immediatamente frustrata la propria volontà di cambiamento, bensė individuare le cause profonde dell'attuale disordine e rimboccarsi le maniche per far fronte concretamente alla situazione.
La prima tappa per la rigenerazione della Nazione e degli uomini consiste nella difesa, nella rivalutazione e nel rilancio della famiglia. Senza alcun dubbio la famiglia è il fondamentale e primario soggetto sociale e forma la spina dorsale delle comunità e dello Stato. Contemporaneamente la famiglia è il luogo per eccellenza dove l'essere umano riceve l'insieme di valori e di coordinate spirituali che dovranno guidarlo per tutta la vita.
La giustezza di queste considerazioni e la previsione che la battaglia decisiva si dovrà svolgere su questo campo sono dimostrate con lampante evidenza dalla quantità e dalla gravità degli attacchi che i nemici dell'Uomo, della Patria e dell'Ordine portano incessantemente contro la struttura naturale e le fondamenta morali della famiglia.
Le principali direttive di questo attacco sono: la sovversione della gerarchia dei valori, la denatalità, l'aborto e l'omosessualità privilegiata.

La sovversione della Gerarchia dei Valori

Questa è stata la prima operazione contro la famiglia, ma anche la più subdola, quella che è passata inosservata e che ha posto le basi per i crimini successivi. Lungo tutta la storia dell'umanità in tutte le civiltà degne di questo nome, perfino in tutte le speci animali, l'individuo, giunto in età adatta alla procreazione, ha il dovere (dettato dai costumi sociali e dalla stessa spinta di natura) di trovare il compagno adatto e procreare per continuare la specie.
Nel corso dell'ultimo secolo, con un'azione lenta ma inesorabile, la sovversione ha trasformato questo dovere in un diritto. Fatto questo passo la strada era aperta!
Va da s&eacuta che, mentre un dovere è compiuto indistintamente da tutti i componenti di una compagine sociale ben organizzata, di un diritto usufruisce solamente chi lo voglia: ecco il perch&eacuta della diminuzione dei matrimoni!
Va da s&eacuta che di un diritto si usufruisce anche solamente per il periodo desiderato: ecco il divorzio! &EGRAVE ovvio anche che essendo il procreare un diritto e non un dovere ognuno lo faccia nei termini e nelle quantità che più gli aggrada! Ecco le coppie senza figli o a figlio unico!

La concezione della famiglia come dovere morale, sociale e naturale si basava sulla triplice esigenza di obbedire alla legge divina di crescere e moltiplicarsi, di rafforzare e ringiovanire la Patria, di continuare la specie: privilegiati erano quindi il futuro e la prole.
La concezione della famiglia come diritto si basa sulla necessità di garantire esigenze egoistiche di benessere e di libertà: privilegiati sono quindi il presente e l'individuo. Con ferrea logica non trovano protezione all'interno della famiglia cosė intesa tutte le situazioni che costituiscono un ostacolo all'ideale malsano dell'assoluta libertà del'uomo. Ecco gli ospizi per anziani inutili e noiosi! Ecco l'aborto per i bambini non voluti! Ecco l'orrore dell'eutanasia!
La concezione della famiglia-dovere, poi, traeva la sua legittimazione da una serie di valori assoluti: la legge divina non ammette leggi alternative, il codice genetico naturale è univoco e uniforme ed esclude qualsiasi possibilità di comportamento alternativo.

La famiglia-diritto, invece, nasce dallo pseudo-principio della libera scelta individuale e, ovviamente, lascia il campo libero a tutte le varianti che possano affacciarsi nella mente malata dei suoi propugnatori. Ecco l'omosessualità, le coppie e perfino le famiglie omosessuali che pretendono e ottengono bambini in adozione! Ecco i figli in provetta! Ecco i travestiti ed i transessuali che appaiono in televisione! Potremmo continuare all'infinito perch&eacuta non c'è limite alla depravazione quando si accetta il principio che la vita si basa sui diritti e non sui doveri.

&EGRAVE venuto il momento di dire basta e riaffermare chiaramente all'interno di noi stessi e poi della nazione il principio del dovere! Solo su questa base si potrà ricostruire. Tutto il resto viene dopo. Aborto

Il dramma dell'aborto è stato spesso relegato ad una questione di astratta moralità che in fondo ha poco a che vedere con la realtà sociale o con il cammino dei tempi. Niente di più falso. Il problema ha chiaramente un livello pratico che si sintetizza in una domanda: che cosa viene eliminato dal grembo materno al momento dell'aborto? O meglio: quando inizia la vita?
L'idea che molti hanno, magari ingenuamente, è che ciò che viene eliminato dal grembo della madre sia un corpuscolo di cellule informi che un giorno potrebbero diventare un bambino, ma non gode di vita autonoma. In realtà qualsiasi filmato su feti abortiti mostra chiaramente che ciò che viene massacrato è il corpo di un bambino, piccolo ma chiaramente formato, che sente il dolore, che capisce ciò che gli avviene intorno e cerca di "scappare" nel momento in cui riceve i primi attacchi dal medico abortista.
Da un punto di vista morale l'aborto è un caso chiuso: è omicidio. Il limitarlo al caso di feti imperfetti non fa altro che rendere più cinico un mondo che non accetta le forme di vita che possano essere una spesa per lo Stato o rappresentare infelicità per i genitori. Ma dove va a finire la nostra concezione spirituale dell'esistenza nel momento in cui l'anima di un handicappato si considera incapace di dare nulla al mondo in completa contraddizione con il mondo tradizionale che ha trovato sempre posto per tutti, anche per lo scemo del villaggio: che sarebbe stato della nostra civiltà se Omero, Beethoven e Leopardi fossero stati abortiti perché portatori di gravi malformazioni (cecità, sordità e scoliosi)?
Inoltre servirà anche analizzare che le grandi strutture del Nuovo Ordine Mondiale sono tutte scatenate nel propagandare l'aborto fino a renderlo obbligatorio in Cina ed auspicabile nel resto del mondo. Per il nostro mondo non ci deve essere alcun dubbio; d'altronte qualsiasi regime nazionalista (o specificatamente fascista) non ha mai lontanamente sognato di introdurre una qualsivoglia apertura al massacro abortista. Infine ecco la risposta al continuo chiudere di scuole ed allo spopolarsi di strade che nei decenni scorsi erano piene di bambini: i nostri bambini non sono mai stati concepiti perch&eacuta non avevamo il tempo per pensare a loro o se concepiti li abbiamo eliminati come un'ernia o un'appendice infiammata.

Politica demografica

Negli ultimi anni si è affermato un dogma le cui origini molto sinistre si situano nei meandri elitari del Nuovo Ordine Mondiale; il dogma dell'esplosione demografica. Il mondo sarebbe saturo, non avrebbe più risorse disponibili e si avvierebbe (a causa della continua crescita demografica) alla fame, alla distruzione per guerre o per disastro ambientale. Questa teoria, densa di riflessi sul piano pratico-operativo, influenza in modo ricattatorio e coercitivo le politiche della quasi totalità dei paesi della terra. Infatti parte integrante di ogni accordo per il finanziamento a paesi del terzo mondo da parte del Fondo Monetario Internazionale è l'imposizione di limitare in maniera drastica le nascite. Questa è la motivazione per le pratiche abortive o di controllo demografico messe in pratica in Cina, India, Pakistan, Filippine con metodi criminali.
Un'analisi più seria basata su un minimo di informazioni geografiche, storiche ed economiche ci da un quadro totalmente differente della situazione. La parte del globo abitata corrisponde a 1/100 della terraferma; se praticamente dessimo a tutti gli abitanti della terra una villetta con giardino verrebbe occupata solo la superficie del Texas [6 miliardi x 100 mq = 600.000 kmq; Texas = 694.500 kmq]. Per quanto riguarda l'approviggionamento di cibo è sufficiente ricordare la distruzione scandalosa di derrate alimentari che avviene in tutto il mondo: pensiamo alle arance distrutte in Sicilia per tenere alti i prezzi oppure, per fare un altro esempio, all'India, che sotto lo stretto controllo demografico dell'impero britannico conobbe fame ed indigenza e poi, resasi indipendente, raddoppiò di popolazione in quindici anni organizzando allo stesso tempo l'agriltura secondo sistemi europei e riuscė a rispondere come non mai al fabbisogno della sua popolazione.
Inoltre un'analisi della densità della popolazione nel mondo dimostra che le popolazioni con alta densità sono quelle più ricche (vedi Europa) e quelle con bassa densità sono quelle più povere (vedi Africa).
Se queste considerazioni hanno importanza per capire come il mito della esplosione demografica sia totalmente menzognero, ne hanno d'altronde meno per analizzare la questione in Italia. Infatti è un dato conosciuto da tutti che il nostro Paese ha ha la più bassa crescita demografica mondiale, anzi è in decrescita e si avvia a un lento e inesorabile suicidio. A parte il nostro orgoglio nazionale che è inesorabilmente colpito nel vedere i giardini con pochi bambini, le scuole semivuote ed una nuova generazione di non italiani supplire al vuoto, considerazioni di carattere esistenziale e sociale ci spingono a dare al problema una valenza di drammatica emergenza.
Un popolo che non si riproduce è in decadenza e muore; la storia ci dimostra che i periodi rigogliosi del nostro popolo sono i periodi di forte crescita; basti pensare all'orgoglio che generò e fu generato dalla campagna demografica fascista. Basti pensare al baby boom dei primi anni Sessanta per vedere come coincida con un momento quantomeno economicamente positivo (rovinato solamente dalla gestione economica del Paese).
Ogni governo che abbia a cuore il futuro del Paese non può quindi non avere una seria politica demografica. Che cosa impedisce al naturale bisogno di avere bambini la possibilità di realizzarsi? Possiamo evidenziare i motivi più importanti:

Il lavoro femminile

Il fatto che le donne siano costrette a lavorare deriva essenzialmente dal precipitare della nostra economia e dall'espandersi del debito. Fatto sta che mentre negli anni '50 e '60 il lavoro del capofamiglia era sufficiente a mantenere una famiglia ampia, negli anni '90 non è sufficiente il lavoro di ambedue i genitori. &EGRAVE indubbio che ciò sia collegato alle più alte aspettative del mondo moderno (questo aspetto sarà analizzato successivamente) ed alla mancata volontà di risolvere il problema. In Francia qualche anno fa il governo propose di stipendiare le madri di famiglia in quanto tali, liberando cosė potenzialmente milioni di uomini dalla disoccupazione. Il risultato sarebbe madri a casa con libertà economica e tasso di disoccupazione drasticamente ridotto. In Francia il progetto fu accantonato non per considerazioni economiche, ma per l'alzata di scudo di progressisti e femministe.
Un governo che avesse a cuore il futuro del proprio popolo vedrebbe in questa soluzione uno strumento per incentivare la prolificità delle famiglie.
Deve tornare ad essere illegale il divorzio e devono essere creati quartieri con concezione architettonica tradizionale e riabilitati gli antichi borghi, tipici dell'Italia centrale, abbandonati negli ultimi decenni. Gli sviluppi della informatica ed ineluttabile ritorno alla terra favoriranno questo salutare ritorno alle nostre radici.
Il problema urbanistico

Con l'abbandono delle campagne e la concentrazione della popolazione nelle grandi città si è attuata una politica urbanistica di diminuzione degli spazi abitativi e si è introdotto uno stile architettonico tipo "alveare" che inibisce il numero della prole e gli sottrae aree di gioco. Se inoltre nel passato vi era la sicurezza per le madri nel lasciare i bambini a giocare in appositi campi o giardini, oggi non vi è più né la tranquillità nel farlo né gli ambiti che lo permettano: invece è chiaro che una concezione urbanistica tradizionale imperniata intorno a piazza, chiesa, bottega e spazi verdi è più consona ad un popolo in espansione vitale.

La mentalità materialistica

È forse il problema più grave. Infatti se un governo può certamente contribuire ad incrinare lo spirito di un popolo, va premesso che una rivoluzione culturale o meglio spirituale avviene per meccanismi più profondi di quelli strettamente politici. Il lungo tunnel dell'ubriacatura materialistica sembra avviarsi alla conclusione; trent'anni di materialismo, permissivismo e liberalismo hanno danneggiato la fibra del nostro Paese in modo quasi irrimediabile; aborto e divorzio sono state certamente pietre miliari nel trasformare l'Italia da nazione esemplare, basata sui valori familiari, ad una terra di volgare commercializzazione e distruzione di ciò che è sacro e bello. Se i miti fino ad oggi sono stati quelli della donna in carriera e dello yuppy, il risultato non poteva essere differente. Solo restaurando gli antichi concetti di sacrificio e dedizione verso il proprio popolo e la propria famiglia e restituendo una concezione ultraterrena alla nostra esistenza, i necessarri e radicali cambiamenti sociali sortiranno l'effetto desiderato.

Proposte a livello legislativo

Anche se al momento non si possono intravedere possibilità di influire a livello governativo, è un atteggiamento responsabile da parte nostra il delineare alcune soluzioni legislative.

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