Il dramma immigrazione: problemi e prospettive

Cos'è l'immigrazione

La domanda sembra banale, ma l'esperienza insegna che spesso le cose più evidenti ed elementari sfuggono al giusto approfondimento critico. Deve quindi essere ben chiaro fin dal principio che l'immigrazione

L'immigrazione non è una gita di piacere

Il punto di partenza per ogni discorso sull'immigrazione non può essere che questo. Non stiamo parlando di una scampagnata fuori porta, di un normale periodo di lavoro all'estero ben retribuito, n&eacuta di una vacanza che si affronta col sorriso sulle labbra. L'immigrazione è un fenomeno doloroso che prevede viaggi incredibili e pericolosi; che vede migliaia di vittime morire durante il percorso, stipate in navi anguste e maleodoranti, in carovane della disperazione guidate da negrieri spietati e affamati di denaro; che riduce sul lastrico chi deve pagarsi il biglietto di sola andata per il presunto paradiso occidentale.
Questa è la prima realtà da tenere bene in mente quando si parla di immigrazione. &EGRAVE a tutti nota l'esistenza di veri e propri racket che si dedicano alla preparazione di questi viaggi della speranza, organizzazioni che forniscono un pacchetto completo comprendente arrivo, sistemazione e successivo sfruttamento del malcapitato caduto nelle loro mani.
Potremmo riportare un lungo elenco di episodi nei quali i termini più ricorrenti sono sfruttamento, umiliazione e morte. Perché, sia ben chiaro, il vero volto dell'immigrazione gronda di sudore, pianto e sangue.

L'immigrazione non è una libera scelta

Ripulita l'immagine dell'immigrazione dai toni pastello con i quali i fautori della società multirazziale la imbellettano per farla digerire alle masse tramite quotidiani e televisioni a loro asservite, passiamo al secondo punto della nostra trattazione, tanto elementare quanto fondamentale.
Comunemente si ritiene che laddove vi sia costrizione, quando manchi libertà di scelta, ci si trovi di fronte ad una situazione dai connotati fortemente negativi, ad una realtà che obbliga senza lasciar decidere. Ci pare quindi assai strano che una società come la nostra, libertaria per eccellenza, si trovi ad esaltare una situazione quale quella degli immigrati, i quali certamente non hanno scelto da soli di abbandonare il proprio popolo e la propria famiglia, bensì vi sono stati costretti da circostanze che per il momento definiamo solo esterne al loro volere.
Le cause che spingono all'immigrazione sono molto serie: la povertà, il sottosviluppo e la fame. Ci riferiamo a persone che non hanno possibilità di scelta, uomini e donne che, attratti dalla propaganda diffusa dal mondialismo e sollecitati da organizzazioni internazionali sono obbligati a tagliare i ponti con la propria storia, in maniera consapevole o per via inconscia.
&EGRAVE evidente quindi che l'equiparazione tra le parole libertà ed immigrazione non ha alcun motivo di essere sostenuta. Anzi, possiamo certamente affermare che emigrazione vuol dire schiavitù.

L'immigrazione è un dramma personale

La parola dramma non sembri retorica: tale termine meglio di ogni altro riassume ciò che è veramente l'emigrazione; un evento triste, avvilente, doloroso, che coinvolge dal punto di vista umano numerose persone. In primo luogo riguarda l'emigrante, colui che parte, che abbandona il suo villaggio, paese, città, famiglia, moglie, figli, genitori, amici. E non si tratta solo della perdita degli affetti più cari, ma del distacco da tutto un mondo, da un modo di vivere e di pensare nel quale si è cresciuti e si è stati educati. Parliamo di cultura, di tradizioni, di costumi che per chissà quanti anni, spesso per sempre, si dovranno lasciare.
Non dimentichiamo poi il dramma vissuto dai parenti più prossimi, mogli che si ritrovano a vivere senza marito, con un'intera famiglia da mantenere, figli che crescono senza avere al fianco la fondamentale figura paterna e che, privi di guida, rischiano di sbandare con più facilità degli altri coetanei.
Dobbiamo inoltre aggiungere il problema degli anziani genitori, privati del naturale sostegno dei figli e condannati ad una vecchiaia di stenti. Insomma, non solo problemi e drammi personali, ma conseguentemente anche problemi e drammi sociali che portano al progressivo disfacimento dell'istituzione familiare.
Il discorso non cambia di molto nel caso di trasferimento di intere famiglie. Lo scontro (perché di scontro si tratta) con una cultura diversa e con ritmi di vita assai più frenetici di quelli a cui si era abituati, non può portare all'integrazione, ma conduce all'autoisolamento ed alla frustrazione. Basta pensare a ciò che avviene nelle grandi metropoli statunitensi nelle quali, contrariamente alle favole narrate dalla propaganda, l'integrazione razziale è assai in là dall'essere conseguita. I vari gruppi tecnici che formano la nazione americana ancora oggi, dopo vari secoli di "convivenza" forzata, si dividono in quartieri ben precisi e dai confini attentamente circoscritti (Little Italy, Haarlem, Chinatown, etc.), dove non si fa che tentare di ricostruire ciò che si è lasciato in patria. Non sono rari i casi di cittadini "statunitensi" che dopo vari anni di permanenza nella loro nuova patria non parlano neanche l'inglese e si trovano a vivere isolati ai margini di quella assurda società-minestrone.
&EGRAVE chiaro che problemi quali quelli che abbiamo ora sollevato, inerenti più allo spirito che alla condizione materiale, non vengono minimamente presi in considerazione dall'odierna cultura della "panciapiena".

L'immigrazione è una rovina per la nazione dalla quale partono gli emigranti

Le cause ultime del menomeno migratorio di questi anni sono rappresentate da fame, sottosviluppo e povertà. L'immigrazione è dunque una delle conseguenze dei suddetti mali, non certo la cura necessaria per essi. Scambiare il sintomo di una malattia per la sua cura significa rinunciare alla logica ed alla razionalità ma ecco che tutto ciò che è evidente per qualsiasi mente dotata di media capacità viene stravolto, mentre falsi ragionamenti sono innalzati a dogma da mass-media e governanti.
L'immigrazione diventa la cura per la fame, il sottosviluppo e la miseria, il che equivarrebbe a dire che la febbre a quaranta (il sintomo) è la migliore cura per l'influenza. Lasciamo da parte le considerazioni logiche, visto che logica e razionalità sembrano far difetto a molti e scendiamo nei particolari. Vediamo quali variazioni, positive e negative, comporterebbe un vasto fenomeno di emigrazione in qualsiasi stato del terzo mondo. I vantaggi apparenti per il governo (sottolineiamo per il governo, non per il popolo) di quel Paese sono soprattutto tre:

  1. calo del numero dei disoccupati;
  2. maggior controllo dello Stato sulla vita dei cittadini, dato che l'emigrazione allontana un buon numero di potenziali scontenti e quindi di fomentatori di disordini;
  3. entrata nell'economia nazionale delle rimesse degli emigranti, cioè quelle somme di denaro inviate alle famiglie dei lavoratori residenti all'estero. Il totale è rilevante, visto il costo della vita in occidente – molto più elevato – e calcolando inoltre il fatto che molti emigrati tendono a stabilirsi definitivamente nel Paese in cui risiedono.

Analizziamo ora gli svantaggi dal punto di vista politico, sociale, economico e culturale.

  1. Dal punto di vista politico, senza alcun dubbio, un popolo composto da donne, vecchi e bambini, con uomini pur miseramente occupati e sottopagati, è più facile da gestire da parte della classe dirigente, anche se tutto va a discapito del ricambio governativo e della tanto acclamata democrazia. Non si fa altro che rinforzare un regime dispotico prono agli interessi delle multinazionali (come è tipico di tanti paesi decolonizzati).
  2. Dal punto di vista sociale la partenza dei più giovani e dei più capaci non fa che perpetuare la cristallizzazione e l'arretratezza di certe società tribali, con conseguenze disastrose per il futuro di quel popolo, ridotto a una sorta di primitiva attrazione turistica e condannato alla miseria perenne.
  3. Dal punto di vista economico l'assenza di una classe imprenditoriale disposta ad investire e a crescere assieme al proprio Paese, producendo ricchezza e creando posti di lavoro, decreta l'inevitabile asservimento di quel popolo nei confronti delle multinazionali, che hanno tutto l'interesse ad ostacolare la nascita o la crescita di aziende e strutture economiche locali. L'immigrazione ha quindi il solo risultato di impoverire la nazione delle risorse umane indispensabili per l'avviamento di un graduale sviluppo industriale. Si ripete la situazione tipica dello sport in cui atleti africani conquistano medaglie per una bandiera diversa dalla loro.
  4. Dal punto di vista culturale è evidente che una nazione priva di giovani non potrebbe avviare il naturale e pur lento passaggio da una fase culturale ad un'altra. Se le scuole e le università restano deserte, possiamo essere certi che non si avrà mai nei paesi del terzo mondo l'indispensabile crescita intellettuale.

L'immigrazione è una catastrofe per la nazione che la subisce

Valutiamo ora le conseguenze nel Paese che riceve il flusso migratorio, riferendoci particolarmente sulla realtà italiana, sia perché ci coinvolge maggiormente, sia perch&eacuta presenta numerose analogie con le situazione degli altri paesi europei.

· Aspetto economico &EGRAVE il punto che consideriamo meno importante, soprattutto perché a motivare il nostro rifiuto della società multirazziale non sono certo i meschini calcoli di una nazione ricca e industrializzata che teme di dover dividere la torta con nuovi invitati, ma ragioni ben più profonde.
Ma, visto che ci siamo, parliamo di costi. Secondo molti esponenti del "buonismo" emergente, si tratterebbe di "sistemare" dignitosamente circa due milioni di extracomunitari regolari ed altrettanti clandestini. Sistemazione dignitosa vuol dire casa, lavoro, scuole ed assistenza sanitaria. Forse che lo Stato italiano può, ragionevolmente, affrontare una spesa simile? Tralasciamo le ulteriori obiezioni logiche, cioè se sia moralmente legittimo anteporre alle esigenze delle migliaia e migliaia di cittadini italiani senza casa, disoccupati, cassintegrati, pensionati e via dicendo le esigenze di persone appartenenti ad altri paesi.
Non possiamo poi tacere i costi notevolissimi per il mantenimento dell'ordine pubblico, causati dalla presenza di centinaia di migliaia di extracomunitari che vivono ai margini della legalità, come dimostrano chiaramente i dati del Ministero degli Interni. Un ulteriore, conseguente problema è dato poi dall'affollamento delle carceri statali, già di per s&eacuta inadeguate alle necessità interne.
Tali discorsi sembrano di bassa lega, ma bisogna tener ben presente che lo Stato, che gestisce il denaro pubblico, ne è depositario e non proprietario e deve quindi renderne conto ai cittadini. La beneficenza è una grande virtù, ma va fatta con i soldi propri e non con quelli degli altri.

· Aspetto sociale L'arrivo massiccio di extracomunitari sta creando una serie di tumulti e sollevazioni da parte dei cittadini locali, di cui ogni giorno fanno testimonianza i giornali. In alcune zone la presenza degli immigrati ha addirittura creato vere e proprie aree "a rischio", quartieri nei quali è consigliabile non circolare. Inoltre, al di là dell'aspetto folkloristico dei vu' cumpra', i delinquenti extracomunitari operano sotto la protezione di potenti organizzazioni malavitose.
Di fronte a questo stato di illegalità tollerata con condiscendenza dalle autorità, non ci si può stupire se il cittadino italiano, esasperato, finisce con il reagire. Infatti ogni consesso civile si basa sul rispetto di alcune norme che debbono essere universalmente accettate. Tali norme non nascono dal nulla, ma sono il risultato di una lunga evoluzione culturale e giuridica. Nel momento in cui corpi estranei ad una certa società, lontani da essi per cultura, civiltà e tradizione, portatori anch'essi di una mentalità giuridica specifica, si vengono a scontrare con una realtà dissimile, inevitabilmente si crea uno stato di tensione sociale inaccettabile che può portare allo smembramento dello stesso Stato.
Sperare che popoli e culture diverse tra loro possano integrarsi al tocco di una bacchetta magica è pura e semplice follia. Follia omicida per di più, perché la storia ci dimostra (ex Jugoslavia, Ruanda, Los Angeles, Sri Lanka, etc.) quanto sia pericoloso giocare con le differenze etniche. Gli ammiratori della società multirazziale sono solo sognatori incoscenti se non criminali, che rifiutano il mondo per quello che è effettivamente, creandosene uno di fantasia che non ha nulla a che fare con la realtà.

· Impoverimento culturale I boxer cinesi che si batterono contro la penetrazione degli occidentali nel loro Paese, non fecero che difendere la propria cultura e indipendenza.
Così è oggi per i nazionalisti italiani: dimostrare quanto l'immigrazione sia una catastrofe per la cultura occidentale è fin troppo facile: basta riflettere sulla influenza negativa che la pseudo-cultura americana ha prodotto nel nostro Paese per comprendere cosa sia la colonizzazione culturale. Tradizioni secolari scomparse o messe alla berlina; depauperamento del nostro patrimonio linguistico, americanizzazione galoppante di costumi e abitudini propagandata da cinema e televisione.
Ma tutto ciò è paragonabile ad un granello di sabbia nel deserto se contrapposto alle conseguenze gravissime di una immigrazione incontrollata in Italia da parte di extracomunitari africani e asiatici.
Valutando il calo delle nascite che affligge la popolazione italiana e paragonandolo alla fertilità tradizionale dei popoli arabi, africani ed asiatici, nell'arco di pochi decenni ci troveremo con una popolazione italiana ridotta ad essere minoranza in casa propria. Difficilmente i nuovi dominatori prenderanno a cuore l'estinzione della nostra etnia come facciamo noi oggi per gli indios dell'Amazzonia. Alcuni folli, sapientemente manovrati da organizzazioni internazionale con idee molto chiare, pretenderebbero addirittura di mescolare la tradizione cattolica, sharia musulmana, animismo tribale e filosofie orientali in un grande cocktail multiculturale che produrrebbe l'avvento di un paradiso terrestre chiamato new age.
In realtà da questo melting pot esplosivo dal punto di vista sociale uscirebbero sconfitte proprio le culture e tradizioni dei singoli popoli, edulcorate e contaminate da influenze tra le più disparate. Qui dobbiamo metterci d'accordo su un punto ben preciso: se riteniamo che la varietà delle culture sia un bene oppure un male. Se pensiamo che la ricchezza dell'umanità sia composta dal patrimonio culturale di ogni singolo popolo, non possiamo accettare l'avvento di una società multirazziale, che per sua natura è livellatrice e massificante.
Se al contrario ci attira la prospettiva orwelliana di un mondo riunito sotto il potere di un Grande Fratello, allora dobbiamo abbattere le barriere culturali e linguistiche che si oppongono a tale progetto di dittatura universale.
Per quanto ci riguarda, il nostro compito, oggi come sempre, è quello di lottare per la vera libertà che non è quella introdotta dalla rivoluzione francese né quella imposta dai liberatori dopo il 1945. Nonostante tutto continuiamo a ritenere che in Egitto debbano vivere Egiziani, in Cambogia Cambogiani, in Italia Italiani. Il nostro nazionalismo non si esaurisce nella difesa della nostra indipendenza, ma assume un rilievo ben più ampio in quanto difesa di tutte le etnie minacciate dal mondialismo massonico.

A chi giova l'immigrazione

Dietro il dramma umano di milioni di persone si celano enormi interessi di carattere politico ed economico. Senza dubbio l'immigrazione rientra in un piano molto articolato gestito, come detto, dalle centrali mondialiste. Abbattute le barriere linguistiche e culturali, mescolati i popoli fino a far loro perdere le caratteristiche etniche, ecco che si è creato il perfetto apolide, un individuo reso pura materia, semplice manovalanza da spostare e trasferire qua e là come una pedina sulla scacchiera.
Un mondo senza confini, e quindi senza Stati autonomi, diventerebbe facile preda della grande finanza e non è una forzatura prevedere un totale tracollo della civiltà occidentale. Scendendo nel dettaglio della situazione italiana, l'immigrazione giova all'industria, che si procura in questo modo manodopera a buon mercato e senza pretese, sottopagata e "in nero", da utilizzare anche per tenere freno le legittime richieste del lavoratore italiano.
L'immigrazione giova ai partiti di sinistra, che vedono le loro sezioni vuotarsi di iscritti e militanti. La proposta dell'Ulivo di concedere agli immigrati il diritto di voto è una dimostrazione lampante di quanto interessato e falsamente caritatevole sia l'aiuto offerto dagli ex comunisti agli extracomunitari.
L'immigrazione giova ad una certa parte della Chiesa cattolica, che ha necessità di colmare i vuoti aperti dalla crisi delle vocazioni che la affligge ormai dagli anni '60. La strategia di questa corrente modernista, attualmente maggioritaria nella gerarchia ecclesiastica, si evidenzia con l'utilizzo di strutture quali la Caritas, che appoggiano apertamente l'immigrazione e fanno dell'ecumenismo un cavallo di battaglia. Questo si inquadra nella politica intrapresa a partire dal Concilio Vaticano II, con la quale si sta trasformando la Chiesa di Roma in una sorta di nuovo "esercito della salvezza", preoccupato più della cura delle condizioni materiali dell'uomo che della sua vita spirituale.
Il tutto incurante del tradizionale insegnamento della Chiesa per il quale Dio ha dato ad ogni popolo un territorio ed ogni mescolanza culturale e religiosa è da considerare imprudente se non addirittura inaccettabile.
E per concludere, l'immigrazione giova a quegli amministratori corrotti che, legati a doppio filo ad intrallazzatori e profittatori, riescono lucrare sulle disgrazie altrui: campi di sosta per nomadi che costano miliardi, autostrade costruite nei deserti africani, organizzazioni fantomatiche che gestiscono miliardi di denaro pubblico.
L'immigrazione si rivela così un ottimo affare.

Siamo razzisti?

La recente riesumazione del termine razzista ed il suo uso indiscriminato, rivolto come una condanna di infamia contro chiunque osi criticare la società multirazziale, rientra in una strategia ben mirata: si vuole eliminare alla radice qualsiasi forma di dissenso. Se non si approva l'immigrazione senza neanche esaminare le motivazioni addotte, si viene immediatamente esclusi dalla cosiddetta "società civile" ed additati al pubblico ludibrio. Per questo si deve stare attenti, senza mai reagire instintivamente alle provocazioni del sistema e alle sue strumentalizzazioni, rischiando così di essere manovrati dall'esterno.
Noi siamo fermamente contrari all'immigrazione come fenomeno, ma la nostra lotta non è rivolta verso il singolo extracomunitario. I veri nemici della nostra civiltà non sono quelli che ci importunano ai semafori per lavare i vetri dell'automobile, ma stanno comodamente seduti in poltrona, portano la cravatta ed hanno la pelle del nostro stesso colore.
Noi crediamo che tutti i popoli debbano seguire una propria via verso lo sviluppo economico, uno sviluppo separato che proceda in forma graduale e mantenga inalterate tradizioni e costumi delle diverse nazioni.
Sarebbe impensabile e delittuoso, nonch&eacuta controproducente, voler imporre a tutti gli Stati della terra gli stessi ritmi di sviluppo, senza tener conto dello stato reale delle rispettive condizioni interne.
Obbligando le nazioni meno industrializzate a seguire le abitudini del Nord del mondo, il grande capitale imporrebbe il suo potere senza dover ricorrere alle truppe di occupazione, sostituendole con un esercito di colletti bianchi. Noi oggi dobbiamo essere al fianco di tutti quei popoli che rifiutano la società multirazziale e che vogliono restare i padroni in casa propria. Il diverso colore della pelle sta a significare che, fortunatemente, sulla terra non siamo tutti uguali e che ogni popolo ha diritto alla sua diversità, che non comporta sottosviluppo e miseria, ma significa ricchezza spirituale e libertà.
Chiamiamole razze, stirpi od etnie, la sostanza è la stessa. Che le razze esistano non è una opinione soggettiva, ma un dato di fatto visibile ad occhio nudo. Ovviamente la società attuale, massificante e comunista, non vuole accettare questa realtà inconfutabile.
La nostra proposta

&EGRAVE importante essere chiari: non ci sono varie soluzioni al fenomeno dell'immigrazione, n&eacuta ci deve essere spazio per il soggettivismo od il sentimentalismo spicciolo. Alcune prese di posizione, certamente in buona fede, secondo le quali si potrebbe utilizzare l'elemento islamico presente in Italia in funzione antimondialista, comportano rischi che non si possono correre: ciò significherebbe infatti consegnarci all'Islam con le mani ed i piedi legati.
C'è un'unica via da percorrere: il rimpatrio. Gli immigrati entrati nel nostro Paese devono essere rimpatriati ai luoghi di provenienza. Questo rimpatrio deve essere gestito in maniera umana, dando agli interessati il tempo necessario per preparare la propria partenza, ma esso deve rispettare termini temporali prefissati e, soprattutto, inderogabili.
Ogni altra soluzione si risolverebbe in semplici palliativi temporanei. Va peraltro preparata una legislazione per i rifugiati politici, la cui situazione deve essere però attentamente vagliata.
D'altro canto, al rimpatrio degli immigrati va fatta seguire una concreta politica di aiuti al terzo mondo, evitando in particolar modo di consegnare ingenti somme di denaro pubblico ad organismi internazionali di dubbia reputazione e controllando direttamente i risultati prodotti dagli stanziamenti effettuati.
Se siamo convinti della necessità di difendere e perpetuare il pluralismo etnico e culturale, minacciato oggi dal progetto mondialista di società multirazziale, dobbiamo essere decisi a guardare il problema nella sua interezza, senza soffermarci alla superficie ma affondando il bisturi nella ferita ed estirpando il male alla radice.
Farsi vincere dal facile pietismo e dal falso ed ipocrita umanitarismo equivarrebbe a decretare la condanna a morte dei popoli e della civiltà.

Tornate alla pagina principale